giovedì 22 marzo 2018

Ultimi a Sanremo / Milano-Sanremo 2018

Daniel Teklehaimanot ed Evgeny Kobernyak salgono sul Poggio

Sul Poggio soffia un vento fastidioso. Laterale, anche un po' contro. La luce è quella del sole che tramonta e sbatte forte sul mare, che le ombre sono lunghe e non si vede quasi niente buttando un occhio verso ovest.
È la primavera che non c'è.
Corridori e tifosi hanno fatto la doccia più volte in queste lunghe 7 ore. In città, in pianura, sull'Aurelia, sulla costa. Una giornata - anche - da lezione di geografia. Qualcuno ha assaggiato pure l'asfalto e sul Poggio non ci sale. L'impressione è che questa corsa si decida sempre qui, in questi pochi metri. Non è del tutto vero, perché gli altri 280 chilometri e rotti scrivono in modo deciso la storia di una Milano-Sanremo. Segnano la fatica e intostano le gambe, spezzano il fiato e il gruppo, incoraggiano alcuni, devastano altri. Parlano di arrivo e hotel, due pensieri diversi per la testa e la coda del gruppo.

Daniel Teklehaimanot, pelle nera e calzamaglia pure, dall'Eritrea, cognome che all'inizio non sai da dove cominciare ma una volta imparato non te lo dimentichi più. Ed Evgeny Kobernyak, biondo e russo, cognome che invece rischi di confondere con altri del gruppo. Maglia rossa e maglia blu, come quelle delle squadre del biliardino. Lontani probabilmente in molte cose della vita, stavolta vicini. Salgono anonimi, tra i tifosi che scendono già verso valle, verso casa, verso cena.
Dietro di loro, la fretta della normalità.
Sono l'ultimo e il penultimo della corsa. Nibali è già passato da una ventina di minuti, da solo. Ed è già arrivato in via Roma. Quasi da solo. Ma di quel quasi che bastava. Daniel e Evgeny non si guardano, non si parlano, non si cercano. Pedalano. Ma qualche chilometro più in là, quando io non li vedrò e non li vedranno probabilmente nemmeno le telecamere dell'arrivo, forse si daranno la mano alla fine di questa che, sì, per tutti, è stata un'avventura.

Perché poi, alla fine, non è sempre male arrivare ultimi a Sanremo.
È pur sempre tutta una ruota che gira.

1 commento:

ika Oka ha detto...

bravo Francesco